L’alveolatura del pane.
Il processo della fermentazione determina quindi la natura “spugnosa” e alveolata del pane che tutti conosciamo. È proprio l’anidride carbonica, infatti, che produce i buchi presenti nella mollica. Questo è un altro indicatore quindi del processo di lievitazione a cui l’impasto è sottoposto e soprattutto della forza che la farina è in grado di esercitare nel contrastare l’azione dell’anidride carbonica mentre gonfia l’impasto.
Un’alveolatura fitta, infatti, può essere sintomo di tempi di lievitazione troppo corti che non hanno permesso all’anidride carbonica di esercitare la sua azione in maniera completa e di formare bolle di dimensioni più grandi all’interno nell’impasto. Vale, però, anche il rischio opposto ovvero un’eccessiva lievitazione. Infatti, in questo caso la maglia del glutine rischia di rompersi.
L’alveolatura aperta indica quindi un pane ben lievitato e che è di conseguenza anche più soffice e meglio digeribile. L’alveolatura chiusa, al contrario, la ritroviamo in un pane più corposo.
Lievito e gonfiore: ma quando finisce il processo di lievitazione?
Il processo di lievitazione si ferma nel momento in cui l’impasto viene cotto, e in particolare quando vengono superati i 50 gradi. A queste temperature, il lievito non sopravvive. È a questo punto che lo zucchero ancora presente nella farina, non esaurito dal lievito, contribuisce alla doratura del pane. Il fatto che il processo di lievitazione finisca del tutto con la cottura scagiona il lievito da qualsiasi possibile effetto sul nostro senso di gonfiore che si può sentire dopo aver mangiato il pane o la pizza. Una volta cotto, il lievito non continua a gonfiare l’impasto e neanche il nostro stomaco!
Il profumo del pane.
Oltre alla consistenza del pane, il lievito incide anche sul suo aroma grazie al rilascio di una serie di piccole molecole aromatiche, ce ne sono oltre 200, che contribuiscono a determinare il profumo del pane appena sfornato. Ovviamente le caratteristiche aromatiche del pane non dipendono solo da queste piccole molecole ma sono strettamente legate anche al tipo di farina utilizzata, ai tempi di fermentazione a cui è sottoposto l’impasto e al metabolismo specifico del lievito utilizzato.